Confessiamo che siamo in difficoltà a scrivere questo post.
Già, veramente non riusciamo a trovare una forma che possa racchiudere in sè le emozioni provate durante tutto il viaggio.
Perchè è difficile definire in poche parole la spiritualità che ammanta il Tibet, gli splendidi scenari che lo incorniciano, le persone che lo abitano.
Per cui vi avvertiamo che tutto ciò che leggerete sarà sempre approssimata per difetto, siamo certi tuttavia che nonostante questo vi innamorerete anche voi di questa terra.
Andare in Tibet non è una passeggiata: non è consentito agli stranieri viaggiare in maniera indipendente, per cui dovrete OBBLIGATORIAMENTE affidarvi ad un’agenzia, che pianificherà il vostro viaggio in base alle vostre esigenze e si occuperà anche di tutta la documentazione necessaria: visto, permessi ecc.
Avete due possibilità per entrare in Tibet: dal Nepal e dalla Cina. Se – come noi – optate per la prima, dovrete restare a Kathmandu per qualche giorno (3 di solito) in modo da ottenere il visto dall’ambasciata cinese della città.
Lo sappiamo, è una trafila lunga e laboriosa, ma ne vale la pena.
Nessuno può rimanere indifferente a questa città.
Nonostante la massiccia opera di modernizzazione portata avanti dal governo cinese, resiste e anzi emerge con forza la tradizione tibetana.
Probabilmente starete qui per qualche giorno per acclimatarvi (siamo a 3600 metri): usateli per esplorare i vicoletti della città con le sue botteghe, e fermatevi a parlare con la gente: i tibetani sono persone davvero uniche.
Il monastero più famoso (forse al mondo) è il Potala, residenza dei Dalai Lama fino al 1959. Ci saranno molte comitive impegnate a salire le centinaia di gradini che portano alle sale interne: non lasciatevi scoraggiare e andate, l’interno è veramente da vedere e se avete la fortuna di essere con una guida preparate imparerete moltissime cose sulla cultura tibetana.
Piazza Barkhor è uno dei luoghi più suggestivi che abbiamo mai visto: fatevi trascinare dal flusso di pellegrini, passando accanto a decine di devoti che si prostrano per terra in preghiera ogni tre passi. Questa piazza ha un’energia che abbiamo sentito in pochi altri posti al mondo, essere qui è qualcosa di più di una semplice visita.
All’interno della piazza si trova il Jokhang Temple, il tempio buddista più importante del Tibet. Al suo ingresso troverete sempre decine di tibetani intenti a pregare: è un luogo assolutamente da non perdere.
Il Sera Monastery è uno dei 3 più importanti monasteri del Tibet: troverete mandala complicatissimi e bellissimi, passerete per le sale dove i monaci sono soliti riunirsi, impregnate di quel caratteristico odore di incenso misto a burro di yak. E non perdetevi i famosi dibattiti tra monaci: un’esperienza che ricorderete per sempre.
Appena fuori da Lhasa c’è poi il Drepung Monastery, il più grande monastero del Tibet che un tempo ospitava fino a 10 mila religiosi. Visitare questi luoghi ti fa respirare la spiritualità che permea ogni aspetto della vita quotidiana di questo popolo, in cui reale e invisibili sembrano sfumare sempre più i loro confini fino a fondersi completamente.
Yamdrok Lake in Tibet
Arriva il momento di lasciare la città e avventurarci lungo gli altipiani tibetani. Obiettivo: Campo Base dell’Everest.
In pratica un sogno.
In breve tempo vi ritroverete a percorrere lunghe serpentine d’asfalto che si arrampicano per le montagne.
Il Tibet è un paese molto grande – più o meno 4 volte l’Italia – con una popolazione di poco più di 5 milioni di abitanti, per cui vi troverete ad attraversare luoghi enormi senza traccia di insediamento umano. I trasporti non sono sempre facili, per cui potrete impiegare molte ore per fare poche centinaia di chilometri. Ma vi assicuriamo, non vi annoierete.
Dopo 4 ore arriviamo sulle rive del lago Yamdrok, con i suoi 72 km di lunghezza. È considerato uno dei laghi sacri più importanti del Tibet: pensate che anche il Dalai Lama si recava in pellegrinaggio lungo le sue rive.
Nella penisola che si protende nel lago ha sede il monastero di Samding, il solo in Tibet governato da un Lama donna.
Ripreso il viaggio in auto iniziamo a salire fino a quota 5300 metri, per giungere al ghiacciaio del monte Nyechen Kangsar: col fiato corto per l’altitudine, ci incamminiamo lungo un percorso che porta a vedere il ghiacciaio nella sua totalità. Ecco, pensate come ci si sente a trovarvi di fronte ad una montagna alta 7191 metri, ricoperta dai ghiacci, ammantata di suoni roboanti e potenti.
Ancora quasi storditi per l’esperienza della montagna, ripartiamo e per molte ore vediamo passare ogni sorta di paesaggio di fronte, fino ad arrivare a Gyantse. Situata a 3977 metri di altitudine, Gyantse è famosa per il Dzong, il forte che domina la città, oltre che per il Kumbum, uno stupa eretto nel 1440 contenente 108 cappelle su quattro piani, tutte finemente illustrate da migliaia di dipinti e centinaia di statue.
La parete nord del monte Everest
Il solo nome incute rispetto. Timore, avventura, sfida: chiunque vede in questa montagna qualcosa di diverso, ma tutti possono riconoscere una cosa: la potenza con cui sentono queste emozioni.
Per noi, è stata la realizzazione di un sogno covato a lungo. Cosa provi? È un po’ come quando prefiguri eventi futuri, li immagini nella mente mille volte e poi ad un tratto ti ritrovi lì, realmente: senti un impasto di gioia, stupore, senso di essere fuori dal tempo. Un’altalena di emozioni nell’aria sottile dei 5200 metri in cui troverete il campo base.
I tibetani chiamano questo montagna Chomolungma (“madre dell’universo”) i nepalesi Sagaramāthā (nepalese, “Dio del cielo”): per loro non è solo una vetta da conquistare, ha qualcosa di sacro, ed è forse questo il modo migliore per godere a pieno di questo luogo: scoprirete per esempio che ai piedi dell’Everest esiste il più alto monastero al mondo, il Rongbuk Monastery con decine di monaci.
A pochi chilometri dal monastero troverete il campo base (EBC): una serie di grosse tende in cui dormirete e mangerete, gestite dagli abitanti del paesino che si trova a qualche chilometro di distanza. Vivere qui ha chiaramente qualcosa di surreale, circondati da montagne tra le più alte del pianeta.
Visti: come dicevamo all’inizio del post, entrare in Tibet non è proprio semplice: dovrete per forza affidarvi ad un’agenzia (non è permesso il turismo indipendente, purtroppo). Noi ci siamo trovati molto bene con Explore Tibet: composta solo da tibetani, oltre ad essersi occupati degli aspetti burocratici e logistici, hanno guide molto preparate: Tenpa, la nostra guida, ha saputo rispondere a tutte le nostre domande (e vi assicuriamo, erano molte) dandoci così gli strumenti per capire ciò che vedevamo. Vi consigliamo di contattarli con qualche mese d’anticipo affinchè possano preparare tutte le carte necessarie per i permessi.
Muoversi: vi sposterete in fuoristrada con ogni probabilità. A Lhasa potete anche girare liberamente senza guide (anzi, ve lo consigliamo), ma non è possibile uscire dalla città da soli. Le strade principali fuori Lhasa sono asfaltate, ma incontrerete spesso tratti, anche lunghi, di sterrato.
Ci sono due modi per arrivare: via treno (la più alta ferrovia del mondo, davvero spettacolare) da Pechino, Shanghai, Guangzhou, Chengdu, Chongqing, Lanzhou e Xining (dalle 24 alle 48 di viaggio), oppure via aereo. Attualmente il passaggio via terra dal Nepal è interrotto a seguito del terremoto che ha devastato il paese nel 2015.
Cibo: a causa dell’altitudine medie e del clima rigido, la cucina tipica tibetana fa ampio uso di orzo e carni, soprattutto di Yak, montone e capra, ma fa poco uso di verdure.
L’alimento base è la tsampa, farina di miglio tostata impastata con acqua e zucchero, che viene mangiata ad ogni ora, spesso accompagnata al bo cha, foglie di tè verde che vengono fatte bollire a lungo e poi unite a sale, bicarbonato, latte e burro di dri, la femmina dello yak.
La pasta, thenthuk, si trova sotto forma di noodles o “tagliatelle”, cucinata con verdure o carne.
Ristoranti: a Lhasa avete l’imbarazzo della scelta. Oltre al cibo di strada, che comunque consigliamo come esperienza, noi vi consigliamo il Makye Ame: posto all’angolo sud orientale di Barkhor, offre un’ottima cucina tibetana in ambiente accogliente, oltre a godere di una vista unica sulla piazza.
Fuori Lhasa chiedete alla vostra guida di portarvi in piccole trattorie nei paesi che toccherete: è un ottimo modo per conoscere tibetani, che saranno molto incuriositi dalla vostra presenza, oltre che per provare la cucina di tutti i giorni del territorio.
Costi: mangiare vi costerà indicativamente dai 5 ai 9 euro, a seconda del ristorante che sceglierete. Le spese che incideranno di più sul vostro viaggio saranno quelle d’agenzia per ottenimento visti, guida, auto per gli spostamenti ecc: per risparmiare potete aggregarvi ad un gruppo e dividere così le spese. Se volete viaggiare da soli, fate conto intorno a mille euro a testa per il nostro itinerario, inclusi hotel e permessi.
Hotel: nella capitale abbiamo dormito al Lhasa Heritage Hotel, nel quartiere musulmano, gestito da una famiglia tibetana veramente simpatica: ci siamo trovati veramente bene.
A Shigatse, siamo stati al Gesar Hotel e ne siamo stati entusiasti: dormirete in camere arredate in stile tibetano tradizionale.
Al campo base dell’Everest dormirete con altri viaggiatori su brande o assi di legno: vi consigliamo di portarvi un sacco a pelo.
Cosa portare: dipenderà molto da cosa avete intenzione di fare una volta in Tibet. Se avete programmato un trekking, allora portatevi indumenti termici e impermeabili: può fare molto freddo, soprattutto di notte. In generale il sacco a pelo è raccomandato anche se decidete di andare al campo base dell’everest. Portate anche medicinali di base e stipulate un’assicurazione di viaggio. A Lhasa comunque potrete trovare indumenti, alimentari e oggetti di cui potrete aver bisogno durante il viaggio: più difficile trovare qualcosa una volta fuori dalla città.
Per ogni informazione, consiglio e quant’altro, scriveteci!
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